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GALLICANO (DOVE) English Version  

 

Galleria fotografica Gallicano

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Statuto e Regolamenti

Gallicano (C.A.P. 55027) dista 37,7 chilometri da Lucca, capoluogo della omonima provincia cui il comune appartiene. Gallicano conta 3.794 abitanti (Gallicanesi) e ha una superficie di 30,5 chilometri quadrati per una densità abitativa di 124,39 abitanti per chilometro quadrato. Sorge a 186 metri sopra il livello del mare. Il municipio è sito in Via Bertini 2, tel. 0583 - 73071 fax. 0583 - 74448: l'indirizzo di posta elettronica è info@comune.gallicano.lu.it. Cenni anagrafici: Il comune di Gallicano ha fatto registrare nel censimento del 1991 una popolazione pari a 3.935 abitanti. Nel censimento del 2001 ha fatto registrare una popolazione pari a 3.794 abitanti, mostrando quindi nel decennio 1991 - 2001 una variazione percentuale di abitanti pari al -3,58%. Gli abitanti sono distribuiti in 1.550 nuclei familiari con una media per nucleo familiare di 2,45 componenti. Cenni geografici: Il territorio del comune risulta compreso tra i 132 e i 1.184 metri sul livello del mare. L'escursione altimetrica complessiva risulta essere pari a 1.052 metri. Cenni occupazionali: Risultano insistere sul territorio del comune 85 attività industriali con 642 addetti pari al 52,49% della forza lavoro occupata, 72 attività di servizio con 225 addetti pari al 18,40% della forza lavoro occupata, altre 75 attività di servizio con 231 addetti pari al 18,89% della forza lavoro occupata e 41 attività amministrative con 125 addetti pari al 10,22% della forza lavoro occupata. Risultano occupati complessivamente 1.223 individui, pari al 32,24% del numero complessivo di abitanti del comune. Gallicano sorge su un colle che domina il fiume Serchio. L'economia locale è incentrata sull'allevamento del bestiame e sull'agricoltura per la produzione di cereali e vini pregiati. Recentemente si è sviluppata anche una notevole attività turistica, grazie alla valorizzazione dell'ambiente posta in atto già dall'inizio del secolo scorso. Il nome della località deriva con tutta probabilità dal nome proprio di persona "Gallicanus" che potrebbe riferirsi al fondatore del borgo di Gallicano. La formazione e lo sviluppo del borgo avvennero nel Medioevo. A quel tempo Gallicano fu oggetto di contesa tra diverse signorie e subì pertanto le conseguenze delle numerose lotte tra le città di Lucca, Firenze e Modena, le quali volevano impadronirsene. Gallicano faceva allora parte del Vicariato della città di Trassilico. Intorno all'anno mille, dopo una serie di lotte sanguinose contro le città rivali, Lucca conquistò Trassilico e pertanto estese la propria giurisdizione anche al borgo di Gallicano. Il periodo della dominazione lucchese si protrasse fino alla seconda metà del XIII. Durante il XIV secolo la città di Firenze, approfittando sia delle continue lotte tra i nobili locali che volevano assumere il controllo di Gallicano che della diffusione del brigantaggio, nel 1347 si insediò nel territorio di Gallicano. Nella seconda metà del XV secolo gli Estensi, duchi di Modena, assunsero il controllo dell'intera area della Garfagnana, della quale faceva parte anche Gallicano. Gallicano venne pertanto annesso al Ducato Modenese condividendone le sorti e la storia fino all'Unità d'Italia, avvenuta nel 1861 ad opera del Re Vittorio Emanuele II di Savoia. Tra i monumenti di maggiore rilievo a Gallicano segnaliamo qui la Pieve di San Jacopo e il borgo medievale. Tra i numerosi personaggi illustri nati a Gallicano ricordiamo qui l'oratore Domenico Bertini (1417-1506). Tra le numerose manifestazioni che si svolgono periodicamente a Gallicano riportiamo qui il tradizionale "Palio di San Jacopo" che si tiene annualmente il 25 Luglio, in onore del santo Patrono. La manifestazione consiste di una processione religiosa e di una gara che coinvolge tutti i rioni della città nell'allestimento di carri allegorici di cartapesta.

ORIGINI DI GALLICANO

Gastone Lucchesi - 1991

La Comunità di Gallicano è arroccata sulla sponda destra della Turrite di Petrosciana, tra l’impluvio del Monte Termina ed il Monte Paladina. La parte sinistra della Turrite sfocia in una pianura di circa 80 ettari, che costeggia il fiume Serchio fino alla confluenza della Turrite stessa.
In prossimità dell’attuale via Cavour, esisteva un ponte levatoio sorretto da due bastioni, dove reano dipinte le immagini di due Santi, San Jacopo e Santa Barbara: da qui si entrava nella piazza del Municipio. L’agglomerato urbano era formato da piccole case attaccate l’una con l’altra, le strade strette sul tipo delle mulattiere, con acciottolato di fiume e gradoni, che si snodavano nell’interno del castello. In alto sopra l’attuale Chiesa di San Jacopo si ergeva la Rocca, circondata da una cinta di mura; una scala portava alla porta d’ingresso e nell’interno alla Chiesa ed al campanile; un altro muro ed una porta dividevano la Chiesa dal resto della Rocca, dove si trovava il “maschio”, più basso del campanile, che serviva da osservatorio, ed altre case adibite a depositi di munizioni ed a caserme. Una guarnigione di soldati vi permaneva per la vigilanza e la difesa del paese.
Le origini di Gallicano sono incerte ed imprecisate. Per alcuni risalgono al 69 a.C. quando, dopo la guerra sociale, Silla trasferì la popolazione Sannita dal Nord della Campania in Garfagnana e la popolazione della Garfagnana che era ligure venne trasferita in Campania. Queste notizie sono riportate dallo storico Appiano nelle leggi romane.
Il trasferimento dei Liguri nella Campania al posto dei Sanniti, lo riportano anche le tavole dell’annona di Traiano. alcune notizie storiche si riferiscono al 557 a.C., quando i Liguri, provenienti dalla valle della Magra, occuparono le terre fino alle rive dell’Arno; sconfitti dai romani e ricacciati al di là della Magra e delle terre occupate, crearono, come era loro costume, delle colonie. Si ipotizza che l’amministrazione di queste fosse stata affidata ad un certo Cornelio Gallicano, Patrizio Romano. Tale notizia si legge nella “Tabula Alimentaria” di Traiano, ritrovata a Vallea nella Gallia Cispadana; in essa, infatti, si parla di un ceto colono di Vallea di nome Cornelio Gallicano.
Nel 770 d.C., al tempo in cui nelle campagne si formavano i primi feudi allodiali, Jure o Contee Vescovili, come si apprende da un documento pubblico, scritto in una pergamena dell’Archivio Arcivescovile di Lucca, un certo Marcello di Controni vendeva una casa in Gallicano al Vescovo di Lucca. Nel decimo secolo vi presero sede i nobili di Corsara, con un trattato di enfiteusi fatto nel 991 fra Fra olmo Visconte e Gherardo II Vescovo di Lucca, il quale allivellò diverse Chiese e le decime che dovevasi corrispondere da alcune ville, fra le quali quella di Gallicano.
Gallicano fu dominato dai nobili di Corsara e di Vallecchia (Seravezza) fino al 1170. Nell’anno 1175 una bolla del Papa Alessandro III confermò alle Monache di S. Giustina alcune rendite e beni di Gallicano, di Vallico, di Verni, di Pontecosi, di Filicaia e di Sassorosso. Dallo statuto lucchese del 1349 si rileva che il Vescovo di Lucca eleggeva il Pievano ad istanza della Comunità, che fu unita alla Curia Parrocchiale di S. Jacopo e all’altra di S. Maria di Pianizza; al Pievano stesso venne concesso di nominare il Rettore di Trassilico, quello di Verni ed i Cappellani di queste Chiese.
Nel 1370 cedendo agli intrighi di Rolando e di Alberigo Antelminelli, fuorusciti di Lucca, Gallicano volle ribellarsi ai Lucchesi e, con l’aiuto di Bernabò Visconti, gli Antelminelli si impadronirono della fortezza di Gallicano, di Castiglione e di Castelnuovo, della Rocca di Sassi, di Minacciano e di Cardoso. La Repubblica di Lucca, per combatterli, formò un quadrunvirato composto da Orlando Volpelli, Turellino Benucci, Riccardo Pagani e Giovanni degli Albizzi per sovrintendere ai moti e provvedere quanto reputassero più vantaggioso; con pubblico bando, dichiararono ribelli tutti gli Antelminelli promettendo un premio di 3000 ducati d’oro a chi consegnava vivo Alberigo, 1500 scudi d’oro se lo avessero consegnato morto, 100 scudi d’oro a chi avesse consegnato vivo ciascun membro della famiglia e 500 se morto.
Gli Antelminelli risposero comunicando che avrebbero messo a ferro e fuoco tutto lo Stato di Lucca.
Ma le cose andarono diversamente: le truppe lucchesi comandate da Giovanni degli Albizzi riconquistarono le terre della Garfagnana da essi occupate e, perché non avessero a servirsi di difesa né per essi né per altri, la Repubblica di Lucca fece demolire le torri di Gallicano ed il suo antiporta; anche le località di Cascio, Treppignana, Aramo in Valeriana, Minacciano e Cardoso furono obbligate a rinnovare il giuramento di fedeltà alla Repubblica di Lucca.
Il 23 luglio del 1371. i fratelli Castracani vendettero il Castello di Tereglio e tutte le fortezze e rocche all’allora Podestà di Lucca Francesco da Spoleto dei Conti di Campiello per la somma di 1500 fiorini d’oro. Nell’anno 1374 i Gallicanesi chiesero aiuti alla Repubblica di Lucca per riparare le case bruciate dagli Antelminelli e la Repubblica concesse alla Vicaria di Gallicano di trattenere la riscossione delle gabelle per due anni e mandò come contributo la somma di 50 scudi d’oro.
Il dominio di Gallicano, delle torri e della castella vicine fu lungamente disputato fra i Duchi di Modena e la Repubblica di Lucca; la Vicaria di Gallicano si sottomise agli Estensi nel febbraio del 1429 e rimase sotto il loro dominio fino al 1440. allora governava Modena il Marchese Leonello, ma appena questo cessò di vivere nel 1440, il governo
della Repubblica fece assalire all’improvviso la Garfagnana riconquistando molte terre e castelli quali Gallicano, Verni, Perpoli, Lupinaia, Ariana e Treppignana. A tale avviso il Duca Borso, successo altrono di Modena e Reggio al fratello Leonello, spedì in Garfagnana due Capitani, Alberto Pio da Carpi e Manfredo da Correggio i quali, con un gran numero di soldati, ricuperarono i territori rimasti in potere dei Lucchesi; in considerazione di questo la Repubblica di Lucca, cercò la mediazione dei fiorentini e si rimise all’arbitrato del Papa Nicola.
Il 28 aprile del 1451, un lodo pontificio decretò che i territori di Cascio, Treppignana, Perpoli e Fiattone, che erano sotto la Vicaria di Gallicano, venissero rilasciati alla Repubblica di Lucca. Il Duca di Modena fondò nei suoi possedimenti della Garfagnana quattro Vicarie, Castelnuovo, Camporgiano, Trassilico e quella delle “Terre Nuove”. A Trassilico fu poi stabilita la residenza del Giudice ordinario.
Una legge della Repubblica di Lucca ordinava alle Vicarie di montagna di inviare ogni anno a Lucca, all’ufficio sopra le munizioni, una quantità di carbone e di legna di nocciolo per la fabbricazione della polvere pirica. Gallicano fu tassato per 100 balle, Castiglione per 200, Minacciano per 150, Borgo per 200 e Camaiore per 150. Nel 1590 risulta che fu Vicario di Gallicano un certo Francesco Cittadella.

 

STORIA DI GALLICANO

Raffaello Raffaelli

Descrizione geografica storica economica della Garfagnana - 1879

 

COMUNITA’ DI GALLICANO

Gallicano

Il Comune di Gallicano giace nel punto più depresso della Garfagnana, sulla destra del Serchio; ed è composto del capoluogo omonimo e dei paesi di Cardoso, Bolognana, Verni, Fiattone, Perpoli e Campo, con 1162 case, 625 famiglie e 3211 abitanti. Confina a levante con Barga mediante il suddetto fiume; a ponente con Trassilico e Vergemoli; a settentrione con Castelnuovo, ed a mezzogiorno col Borgo a Mozzano, il cui confine è determinato dal corso della Turritecava. La strada nazionale Livorno-Mantova traversa il territorio Gallicanese dal Ponte di Turritecava fino prezzo Piezza o Campia. I suoi possessi consistono in terreni montuosi della superficie approssimativa di ettari 85, per gran parte poco produttivi e destinati al pascolo del bestiame; in diverse case poste nel capoluogo; e in un Canale Irrigatorio. Il Municipio ha inoltre, in quella bella pianura, già assicurato un possesso di circa nove ettari di terreno coltivabile, mediante la costruzione di una scogliera, eseguita recentemente in consorzio di alcuni possidenti, lungo la sponda destra del Serchio, nella località detta la Moravecchia; la quale scogliera, prolungata che sia, potrà assicurare una superficie di ben 45 ettari all’agricoltura.
I prodotti del territorio di Gallicano sono i cereali d’ogni specie, la canapa, il vino ed anche l’olio, ma in piccola quantità, sebbene in diversi luoghi, come a Cardoso, a Fiattone ed a Campo, vegeti stupendamente l’olivo. Il piano di questo Comune, già fertile per sua natura, lo è reso maggiormente dal suddetto Canale, costruito, col concorso del Governo Estense, nel 1856, quando il Marchese Scipione Malaspina, di Villafranca era Ingegnere Provinciale della Garfagnana. Quell’opera vantaggiosissima costò L. 34.000. Il Governo vi concorse per L. 10.000, e con Decreto dell’11 novembre 1853 abilitò il Comune a contrarre un debito per farvi fronte. L’Estimo è ancora l’antico lucchese assai gravoso, con una rendita imponibile di L. 118.890. I contribuenti sono in numero di 994. Gli elettori amministrativi 121, ed i politici 94. Il Bilancio Comunale del 1877 presenta i seguenti estremi:
1.° Entrate ordinarie     L.   6.312,15
2.° Spese ordinarie       L. 12.484,61
3.° Differenza in meno L.   6.172,46
4.° Sovrimposta            L. 10.955,28
Contuttociò nella rinnovazione della Esattoria, avvenuta nel luglio decorso, la somma presunta da esigersi annualmente vedesi portata dalla Finanza a L. 54.676,77.
Nel territorio di questo Comune vi sono 22 molini. Le scuole, che, nell’anno 1812, erano otto, oggi sono ridotte a due, una maschile, e l’altra femminile. Apparteneva al Ducato Lucchese, ma nel 1847, per la morte della Duchessa Maria Luigia di Parma, fattosi luogo alla reversibilità, prevista dal trattato di Vienna del 1815, e da quello di Firenze del 1844, il Gallicanese venne unito agli Stati di Modena, insieme con Minacciano, e quindi con esso aggregato al Circondario della Garfagnana.
Gli antichi statuti della Vicaria di Gallicano portano la data del 19 febbraio 1658, e trovansi nell’Archivio di Lucca e con quelli particolari del solo Castello, i quali sono del 23 aprile 1653.

BORGATA DI GALLICANO

Gallicano


Gallicano è assai bel paese, posto in pianura, sulla strada nazionale Livorno-Mantova, distante chilometri 31,50 da Lucca e 12 da Castelnuovo. E' composto di 286 case, con 270 famiglie e 1338 abitanti; ed ha nel contado altri 196 fabbricati, con 67 famiglie e 338 anime; sicché quelle della Parrocchia ascendono in tutte a 1676, con 41 assolutamente indigenti. Ha una bella piazza, ed è traversato dal fiume Turrite, che scaturisce nel monte di Petrosciana, alla base della Pania della Croce, e si scarica in Serchio poco sotto a Gallicano. Trovasi nel gr. 28.6' di longitudine, e 44.3.'6." di latitudine, all'altezza di metri 170 sul livello del mare. Credesi che a questo paese desse il nome Comelio Gallicano, che vedesi fra quelli dei Coloni Velejati e Lucchesi, ai tempi di Trajano, registrati nella Tavola alimentaria di Veleia.
La prima memoria che abbiasi di Gallicano è un istrumento del 771, col quale un tal Marcellino di Controne vendè a Peredeo Vescovo di Lucca una piccola casa in Gallicano. Nel secolo X vi acquistarono giurisdizione i Nobili di Corvaia, mediante un trattato di enfiteusi fatto nel 991 fra i figli di Fraolmo Visconte e Gherardo II Vescovo di Lucca, il quale allivellò diverse chiese e le decime che dovevansi corrispondere da alcune Ville, fra le quali quella di Gallicano. Una Bolla di Papa Alessandro III del 1175 confermava alle Monache di Santa Giustina di Lucca certe rendite e tenimenti in Gallicano, in Valico, in Verni, in Pontecosi, in Filicaia, ed a Sassorosso. Dallo Statuto Lucchese del 1308 risulta che Gallicano con Cardoso, Bolognana, Verni, Perpoli, Fiattone, Riana, Lupinaia e Treppignana appartenevano alla Vicaria di Barga. Dopo il secolo X la Pieve di Gallicano aveva i suoi Canonici, fra i quali nel 1349, il Vescovo di Lucca, Berengario I, eleggeva quel Pievano. Nello stesso anno, ad istanza della Comunità, fu unita alla chiesa parrocchiale di S. Iacopo l'altra detta di Santa Maria di Pianizza, e venne concesso al Pievano il diritto di nominare il Rettore di Trassilico e quello di Verni. Fino al 1485 esisteva un'altra chiesa sotto il titolo di S. Gio. Battista, posta fuori del paese, che per la sua vetustà minacciava rovina. E siccome nell'anno precedente si era pensato di costruire una Rócca in Gallicano, così il Municipio chiese licenza al Pontefice di poter demolire detta chiesa per valersi dei materiali nella erezione di quel fortilizio. Il 26 novembre dell'istesso anno ottenne favorevole rescritto, a condizione però che si edificasse altra chiesa in onore di S. Giov. Battista entro il paese. Allora la Repubblica ordinò che si costruisse la Rocca, avvertendo il Comune di far preparare N. 50 graticci per fare i ponti. A questo fortilizio si lavorava nel 1493, e trovasi allora fatta provvista di 500 tegoli. Nell'anno 1730 venne restaurato per ordine dell'Offiizio delle Fortificazioni. Denominavasi il Castellaccio di Gallicano, ed era collocato al disopra del paese, nella sponda destra della Turrite, come vedesi dagli avanzi che ne rimangono. Nelle guerre contro gli Estensi ebbe a sostenere diversi assalti.
Nel 1260 la suddetta Pieve contava nella sua giurisdizione 23 chiese, alcune delle quali sono da lungo tempo distrutte, ed erano le seguenti: 1. S. Iacopo nel capoluogo, attuale parrocchia. 2. S. Andrea pure di Gallicano, ora soppressa. 3. S. Lorenzo e Stefano di Cascio. 4. S. Martino a Verni. 5. S. Pietro a Trassilico. 6. Santa Maria in Gioviano, soppressa. 7. SS. Iacopo e Cristoforo in Valico Sotto. 8. S. Michele in Valico Sopra. 9. S. Romano di Spulitiano. 10. S. Quirico di Vergemoli. 11. S. Tommaso in Calomini. 12. S. Sisto di Brucciano. 13. Santa Maria a Pianizza, che come si è visto fu unita alla Parrocchiale. 14. S. Ginese di Cardoso. 15. Santi Alessandro e Margherita di Bolognana. 16. S. Timoteo di Cirognana, che fu distrutta. 17. S. Michele di Mologno, perduta. 18. S. Bartolomeo a Satriana, egualmente perduta. 19. Ospedale di San Concordio di Colle Asinario, distrutto. 20. Altro di Gobbiate, parimenti distrutto. 21. Altro di Garillano, distrutto. 22. Chiesa delle Monache di Cascio, distrutta. 23. Eremo di Valbona, distrutto al pari dei sunnominati.
Anche in oggi la chiesa parrocchiale di Gallicano è sotto il titolo di S. Iacopo. Ammirasi in essa uno stupendo bassorilievo in terra cotta verniciata, che passa per uno de' migliori lavori di Luca Della Robbia. Vi è pure un'altra chiesa col nome di S. Giovanni, già plebanale, contenente il Battistero; ma il titolare di questa più non esiste. Or son pochi anni, fu convenuto dai più influenti del paese di Gallicano coll'Arcivescovo di Lucca, Monsignore Giulio Arrigoni, di riunire il Benefizio plebanale a quello della Rettoria, coll'obbligo di tenere un secondo Cappellano che coadiuvasse il Parroco in tutto ciò che si riferisce agli obblighi del pastoral ministero. Il relativo Decreto Vescovile porta la data del 6 agosto 1871. Da quel giorno il Rettore prese il nome di Pievano. Ed oggi, stante la unione di Gallicano alla Diocesi di Massa, avvenuta dopo la morte dell'Arcivescovo Arrigoni il 10 gennaio 1875, in virtù di una Bolla Pontificia del 17 ottobre 1853, il Pievano stesso per Decreto del Vescovo di Massa, Monsignor Gio. Battista Tommasi, del 19 febbraio 1875, ebbe il grado di Vicario Foraneo, alla cui giurisdizione sono soggette le Parrocchie di Perpoli, con Campo, Fiattone, Verni, Bolognana, Cardoso, Lupinaia, colle Cure di Riana e Treppignana, che prima appartenevano alla Diocesi lucchese.
Fino dall'anno 1492 esisteva in Gallicano uno Spedale sotto il titolo di S. Antonio, il quale aveva obbligo di spedire alla capitale gli esposti di quel paese. Il 23 ottobre 1513, Giovanni di Giuliano Cheli fu eletto Rettore di quel pio stabilimento, e nel 1519, costui essendosi trasferito ad abitare al Borgo a Mozzano, gli fu sostituito provvisoriamente certo Lodovico suo nipote; ma il Cheli, ritornato poco dopo, riprese le sue funzioni. Per Decreto Vescovile del 4 dicembre 1521 fu unito in perpetuo allo Spedale della Misericordia di Lucca, come risulta anche dai libri della Comunità. In conseguenza di ciò il Rettore del medesimo, Giovanni Bernardini, nel 1528 incaricava la Comunità di Gallicano di nominare uno Spedaliere a suo beneplacito, che sarebbe da lui approvato; ma il Consiglio Comunale, per deferenza al medesimo, deliberò di lasciargli tale elezione, protestando che avrebbe gradito quell'individuo che a lui fosse piaciuto di scegliere. In seguito, e precisamente nel 1544, furono eletti due Deputati per albergare in detto Ospedale i pellegrini, ed i poveri che venissero di fuori per una sola notte; e fu vietato di occuparlo agli abitanti di Gallicano. Nel 1547 vi mancava lo Spedaliere; per cui il Rettore della Misericordia di Lucca dichiarava contentarsi che se n'eleggesse uno nuovo, e raccomandava si trovasse persona idonea che avesse cura di governare rettamente lo Spedale ed i poveri che vi si ricoverassero. Aggiungeva che egli lo avrebbe approvato per far cosa grata alla Comunità, senza pregiudizio delle ragioni dello Spedale della Misericordia su quello di Gallicano. Questo venne poi soppresso nell'anno 1776, e nel 1778 ne fu alienata anche la casa.
Nel 1520 il paese fu invaso dalla peste, che già fino dal 1498 aveva devastato il Barghigiano; e fu allora che la Comunità fece voto di costruire un altare a S. Rocco nella Chiesa Plebanale. Di fatto venne compito nel 1531 a pubbliche spese, sotto la direzione di due Deputati, appositamente eletti, nelle persone di Paolo Pinocci e Giannino Barsi.
Quando Barga passò in potere dei Fiorentini, Gallicano rimase ai Lucchesi; e divenne capoluogo di una Vicaria, la quale comprendeva i paesi di Trassilico, Valico di Sotto, Valico di Sopra, le Fabbriche, Forno Volasco, Gragliana, Vergemoli, Calomini, Brucciano, Molazzana, Montaltissimo, Cascio, Perpoli, Fiattone, Ariana (oggi Riana), Lupinaia, Treppignana, Verni, Cardoso e Bolognana.
I libri di entrata e spesa della Vicaria stessa dal 1347 al 1359 conservansi nell'Archivio Lucchese; ed il primo di essi fu fatto e composto dal nobil uomo Ciuccio Castracani Vicario di Gallicano, e venne scritto da Martino Cini, notaro di quel paese, dal luglio al dicembre di esso anno. Nel 1370 peraltro, cedendo agl'intrighi specialmente di Rolando degli Antelminelli, Gallicano volle ribellarsi ai Lucchesi, i quali, nell'anno successivo, spedirono truppe capitanate da Giovanni degli Obizi per riconquistarlo; e facilmente vi riuscirono. Allora il paese prestò nuovo giuramento di fedeltà alla Repubblica nel giorno 17 novembre, insieme cogli altri che ne formavano la Vicaria. La quale fece poi la sua dedizione agli Estensi nel febbraio del 1430 e rimase tranquillamente sotto il loro dominio fino al 1451; nel qual anno la Repubblica assalì nuovamente la Garfagnana, potè riconquistar Gallicano insieme con Verni, Perpoli, Fiattone, Lupinaia, e Treppignana; paesi che però vennero ben presto rioccupati dal Duca Borso con altre terre appartenenti alla Repubblica. Fu allora che le pretese de' due contendenti furono deferite al giudizio di Papa Nicolò V; il quale, con Lodo del 28 aprile di quell'anno, decretò, che i paesi di Cascio, Molazzana, Brucciano, Calomini, Vergemoli, Forno Volasco, Valico di Sopra e di Sotto rimanessero in dominio degli Estensi; e gli altri della Vicaria di Gallicano (fra i quali Lupinaia, Riana, Treppignana, Perpoli, e Fiattone) fossero rilasciati alla Repubblica lucchese. In conseguenza di ciò, fu confermata la Vicaria di Trassilico, ed istituito il Commissario di Gallicano. Una legge della Repubblica ordinava alle Vicarie di montagna di dovere spedire ogni anno a Lucca all'Offizio sopra la Munizione una quantità di carbone di nocciolo per la fabbricazione della polvere pirica; e così Gallicano fu tassato di libre 100; Castiglione di libre 200; e Minucciano di 150. Passato poi nuovamente Gallicano sotto gli Estensi nel 1847, conservò la propria Giusdicenza, cui per decreto ducale de' 26 gennaio 1855 venne unita quella di Trassilico, che restò soppressa. Vi fu pure aggiunto un Commissario politico di terza classe come a Camporgiano. In oggi forma Mandamento, e, oltre il Comune di Gallicano, ne fanno parte quelli di Molazzana, Vergemoli e Trassilico, con una popolazione di 9838 abitanti.
Nel 1679 fu istituito a Gallicano un mercato ogni lunedì di ciascuna settimana. Il luogo è assai commerciale, venendo traversato dalla via Nazionale, che lo mette in contatto con Lucca e colla Toscana. In antico vi erano alcune particolari industrie. Nel 1383 Giovanni Zappetta di Gallicano fuse 4 bombarde o piccoli cannoni per la Repubblica Lucchese; ed in un canale detto il Pietraio (oggi Piastraio) in quei pressi, esisteva una fabbrica di palle da cannone, che si facevano principalmente col ferro delle miniere di Forno Volasco, dette le Bugie, e si spedivano all'estero. Adesso l'unica industria che vi si conserva è quella della tessitura delle tele, specialmente di canapa, che si raccoglie di ottima qualità in quei dintorni.
Dalla piazza del paese parte la strada che, percorrendo sulla sinistra del fiume Turrite, guida al Santuario detto l'Eremo di Calomini (che vedremo descritto al Comune di Vergemoli) ed anche a Verni, a Trassilico, ed al Forno Volasco, la quale, fino ad un certo punto, è stata da poco ridotta ruotabile.

BOLOGNANA

Discendendo da Gallicano per circa tre chilometri sulla via nazionale, a mezzogiorno, incontrasi il piccolo paese di Bolognana, composto di 67 case agglomerate e 18 sparse per la campagna, con sole 39 famiglie e 225 abitanti. E' collocato alla destra del Serchio, alla falde settentrionali del monte di Gragno, di fronte a Barga; e la suddetta strada lo traversa all'altezza di metri 160 sul livello del mare. Questo piccolo villaggio, ove fino dal secolo X ebbero padronanza i Nobili Rolandinghi di Loppia, per enfiteusi loro fattane dai Vescovi, di Lucca, non presenta alcuna cosa che sia degna di osservazione. La chiesa parrocchiale (che pochi anni addietro era semplice cappellania) è sotto il titolo dei SS. Alessandro e Margherita. Nell'anno 1643 gli uomini di Bolognana fecero i loro Statuti, i quali portano la data del 19 marzo, e trovansi nell'Archivio di Stato in Lucca.

 

CARDOSO


Proseguendo a discendere lungo la strada nazionale fino a Turritecava, ed ivi risalendo il colle a ponente, si raggiunge, dopo circa un chilometro di strada someggiabile, il castello di Cardoso, situato alla base meridionale del monte di Gragno, che s'innalza, alla destra del Serchio, sulla sponda sinistra della Turritecava. Si compone di 225 fabbricati, di cui 86 sparsi per la campagna, con 87 famiglie, e 423 abitanti, fra i quali 16 assolutamente indigenti. In antico faceva Comune a sé; ma nel 1499 fu esposto al Commissario di Gallicano che gli uomini di Cardoso si sarebbero riuniti volentieri a quella Vicaria, se ne fossero stati accolti. Il Consiglio di Gallicano elesse quattro individui per trattare e capitolare con quei di Cardoso, che furono poi riuniti a Gallicano nel 1502. Da quell'epoca formarono un sol Comune, quantunque anche Cardoso avesse i suoi statuti particolari, che portano la data de' 30 aprile 1708. Il castello è alto metri 333 sul livello del mare, e 228 sulla via nazionale Livorno-Mantova. La sua parrocchia è sotto il titolo di S. Genesio. Nella parte meridionale del territorio di Cardoso, e specialmente lungo la sponda della Turritecava, vegeta benissimo l'olio. A piedi del monte scorre questo fiume, che forma confine fra la Comunità di Gallicano e quella del Borgo a Mozzano, e traversa la strada nazionale sotto di un ponte dello stesso nome, che segna pure il confine fra le Provincie di Lucca e di Massa-Carrara. Da quel punto la strada stessa, volgendosi a settentrione per sei chilometri, mena a Gallicano e dopo altri dodici a Castelnuovo.


VERNI

Verni


Percorsi da Gallicano per la nuova strada, sulla sinistra della Turrite 2500 metri circa, e ripassati sulla destra per salire il monte di Trassilico, dopo un viaggio di quattro chilometri incontreremo il paese di Verni, composto di 90 case unite e 40 sparse, con 56 famiglie e 272 abitanti, fra i quali 17 indigenti. La sua parrocchia è sotto il titolo di S. Martino. E' circondato da bellissime selve, che formano la maggior risorsa di quegli abitanti, i quali scendono a Gallicano per provvedere a tutti i bisogni della vita. Una strada someggiabile li unisce anche con Trassilico dalla parte opposta.
Nel 1560 sorsero gravi quistioni fra gli abitanti di Verni e di Gallicano per aver quelli a questi recati non piccoli danni per pascoli ed altro. Dopo diversi fatti e contese, quei di Verni spedirono mandatarii a chieder perdono ai Gallicanesi, e porgere scuse peiloro mali portamenti; ed allora tutto venne accomodato all'amichevole; ma nel 1586 fu ad essi inibito di condurre al pascolo le loro bestie su quello di Gallicano. Nel 1669 Verni voleva separarsi da questo Comune; ma la domanda non fu secondata dalla Repubblica, e seguitò sempre a restarvi unito. I suoi Statuti portano la data del 30 giugno 1745, e conservansi nell'Archivio Lucchese.


FIATTONE


Ritornati a Gallicano, e ripresa la via nazionale per Castelnuovo, arriveremo, dopo 5 chilometri, al Ponte di Piezza o Campia, che si eleva 180 metri sul mare. Quindi salendo per un cattivo sentiero il ripido colle che si stacca dalla strada, con una percorrenza di mille metri, saremo al paese di Fiattone, composto di 129 case, di cui 57 agglomerate, col totale di 63 famiglie e 395 abitanti. E' alto metri 365 sul livello del Mediterraneo, e quindi 185 sulla via nazionale Livorno-Mantova. La sua parrocchia è sotto il titolo di S. Pietro, ed era in antico succursale di Pievefosciana, come risulta dalla Bolla di Alessandro III, data da Benevento il 23 dicembre 1168. Presso Fiattone eravi un'antica Rócca, la quale fu smantellata nel 1170 per le guerre fra i Lucchesi e i Pisani. Nel suo territorio vegeta l'olivo, e vi si produce buon vino. La posizione meridionale, la stupenda vista della valle del Serchio e di Barga, e le sue deliziose colline rendono assai ameno il soggiorno di questo paese; il quale aveva Statuti particolari, in data de' 6 febbraio 1700.


PERPOLI

Borgo fortificato di Perpoli


Proseguendo a salire l'erta dell'istesso monte, su cui giace Fiattone, per circa due chilometri, all'altezza di 544 metri sul livello del Mediterraneo, e di 364 metri sopra la via nazionale, si giunge alla sommità, e quindi a Perpoli, che fu già un forte castello di grande importanza strategica, come quello che dominava, dalla sua inespugnabile altezza, gran parte della bassa Garfagnana, e poteva dirsi la sentinella avanzata della dominazione lucchese. Quindi non è meraviglia se nei tempi di mezzo fu guardata con gran cura dalla Repubblica, che seppe giovarsene nelle guerre del secolo XIII; e molestare, più tardi, da quel ridotto, con accanita lotta, i presidii estensi, che, a due tiri di balestra, alloggiavano nella fortezza di Palleroso. Anche la terra di Perpoli fu nel 1228, come quasi tutta la Garfagnana, soggetta al Pontefice Gregorio IX, e quel Castello (il quale è alto metri 570 sul mare) gli fu consegnato per tradimento dal suo castellano. Il tempo ha distrutte quasi del tutto le opere di questo fortilizio; ma rimangono ancora le porte ed alcuni avanzi di mura, che agl'intelligenti di cose guerresche fanno comprendere la loro antica struttura. Ha Statuti propri de' 27 settembre 1647, che si conservano nell'Archivio di Lucca. In cima al villaggio trovasi un luogo, che chiamasi tuttora il Castello, ed è certamente uno dei punti più belli e più interessanti del Circondario. Di lassù si apre allo spettatore un orizzonte immenso, il quale da ogni lato confina colle vette dei monti che baciano il cielo, e che segnano le linee di divisione fra il nostro paese e gli altri contermini. Tutte le bellezze dei nostri campi, delle vigne, delle selve, dei boschi, coi loro variati colori, si offrono con vicenda continua allo sguardo del passeggiero, seduto sopra un margine erboso di quell'amena montagnola. Il numero dei paesi e delle ville disseminati nei colti piani, nel ridente declive dei poggi, nei dossi aprici delle colline, nelle amene sponde delle valli, ed ai piedi severi degli altri monti, che grigi e nerastri sorgono, come giganti minacciosi, a difesa del nostro bel suolo: il corso del Serchio, che co' suoi tortuosi meandri e colle sue chiare e fresche acque, si affretta, ingrossato gradatamente dai limpidi ruscelli, i quali rumorosi scendono alle sue rive dalle circostanti montagne, a raggiungere i piani del barghigiano e lucchese, offrono uno spettacolo veramente incantevole. Quindi è che, di buona voglia invitiamo tutti gli amanti delle belle e stupende vedute a salire, non badando a disagio e fatica, fino alla terra di Perpoli; e quando tutti trafelati e grondandi di sudore avranno preso un po' di riposo, vadano sul Castello a godere del panorama da me accennato, e son certissimo che si troveranno ben contenti del loro viaggio. Ma per diminuire grandemente la fatica e il disagio indispensabile a chi voglia salirvi dalla parte di Fiattone, io consiglio chiunque amasse recarvisi, a preferire la via da Castelnuovo a Palleroso, o meglio la ruotabile fino alla sommità del Monte Perpoli, da dove più assai comodamente vi si può accedere.
E qui, per associazione d'idee, noterò che, alla base orientale del monte Perpoli, sotto Riana, Castruccio degli Antelminelli fece costruire un ponte sul Serchio, del quale esiste ancora buona parte della pila sinistra. L'attuale piccolo paese conta 56 fabbricati, con sole 21 famiglie e 103 abitanti, de' quali 7 sono indigenti. La parrocchia di Perpoli, sotto il titolo di S. Michele, era soggetta in antico a Pievefosciana, con molte altre, come rilevarsi dalla Bolla pontificia del 1168. Appartenne per moltissimi anni alla Diocesi lucchese, ed era unita al Vicariato foraneo di Gallicano, col quale passò a far parte di quella di Massa nell'anno 1875. La risorsa maggiore di quei pochi abitanti sono le castagne, quantunque il territorio di Perpoli, nella parte meridionale ed occidentale, produca cereali e vino ec. Nel 1722 sorsero forti differenze fra i paesi di Perpoli e Fiattone con Gallicano, il cui Municipio spedì alcuni mandatarii a Lucca per trattarne l'aggiustamento; dopo di che fu pronunziata una sentenza per l'accomodo delle quistioni fra le parti contendenti, le quali tornarono allora di buon'accordo.


CAMPO DI PERPOLI


A non molta distanza da Perpoli, nella sponda orientale che gli sta rimpetto, poco al disotto del varco del monte omonimo, trovasi questo piccolo villaggio, con territorio assai fertile, che produce olio buono di olivo e vino generoso, il quale, sotto la mano di valenti enologi, potrebbe far concorrenza ai vini scelti di tante regioni d'Italia. Ha 47 fabbricati, 22 famiglie e 107 abitanti. Dista da Gallicano, suo capoluogo di Comune, cinque chilometri, ed ha una piccola chiesa sotto il titolo di S. Giuliano, con un Cappellano curato, dipendente dalla Parrocchia di Perpoli. Questo piccolo paese è congiunto alla strada già provinciale ruotabile, mediante un braccio aperto dai Governi di Lucca e di Modena nell'anno 1834, che gli agevola le comunicazioni a mezzogiorno con Gallicano, e a settentrione con Castelnuovo, suoi centri naturali, cui ricorre per tutti i bisogni della vita. I lavori opportuni furono diretti dal valente ingegnere lucchese Giacomo Marracci. Il villaggio di Campo dista da Castelnuovo circa tre chilometri, e null'altro presenta degno di essere osservato. Solo vogliamo notare che il Comune ha finalmente posto mano alla conduzione di acqua potabile nel paese, che sin qui fu costretto ad attingerla in luogo assai lontano ed incomodo.

COMUNITA' DI TRASSILICO


Risalendo da Gallicano sulla sinistra del fiume Turrite per la nuova strada ruotabile, e ripassando poi sulla destra, mediante un ponte, per una rapidissima via mulattiera si ascende a Trassilico, capoluogo del Comune omonimo, che si compone delle Fabbriche, di Gragliana, di Valico di Sopra e Valico di Sotto. La sua popolazione è di 2269 anime, partite in 512 famiglie, che possiedono 644 case comprese quelle rurali. Il suo territorio giace alla destra del Serchio, ed è posto fra la Turrite di Pietrosciana o di Forno Volasco e la Turritecava. Confina a levante colla Comunità di Gallicano, da cui lo divide il torrente Ruffa, che scende dalla cresta del Faeto, bosco appartenente per una parte al Comune di Trassilico, e per l'altra alla sezione di Verni; a ponente con quelle di Serravezza e Stazzema nella Versilia; a settentrione con Vergemoli, mediante i due torrenti denominati di Panicaglia e Camperano; ed a mezzogiorno col Comune lucchese di Pescaglia, per mezzo della Turrite, detta di Gragnana, e delle Fabbriche, che più in basso prende nome di Turritecava. Non è meraviglia se, giacendo il Comune di Trassilico in mezzo a tanti corsi di acqua, si sono moltiplicati i molini fino al N. di 19; un molino cioè ogni 119 abitanti. Quantunque i suoi terreni diano li stessi raccolti che si hanno nel resto della Garfagnana, tuttavolta il maggior prodotto viene offerto dalle selve, che grandi e belle cuoprono i suoi colli ed i suoi monti. Anche la pastorizia vi è assai curata, ed i 1500 capi di bestie che vi si tengono (per la più parte minute) danno ai coloni vantaggi non indifferenti.
Il patrimonio di questo Comune, ch'era abbastanza ricco, fu quasi tutto alienato per sostenere le spese della costruzione di una strada ruotabile, che, partendo dal paese delle Fabbriche doveva unirsi colla nazionale presso il ponte di Turritecava; ma non essendosi potuto, per manco di fondi, condurla al suo termine, ha recato gravi dissesti nell'amministrazione municipale, che non potrà certo ripararli coll'utile che si riprometteva da un lavoro, forse non abbastanza calcolato. Per buona ventura il suo Estimo non è molto gravoso, montando la rendita imponibile a scudi 7422, a carico di 302 contribuenti. Undici sono gli elettori politici; 115 quelli amministrativi.
L'Esattoria Comunale, rinnovata nel luglio del 1877, fu posta all'incanto per la riscossione complessiva di L. 28826, quantunque il Bilancio porti i seguenti estremi:
1. Entrata Ordinaria     L. 4.884,14
2. Spese Ordinarie        L. 9.904,21
3. Differenza in meno   L. 5.019,47
4. Sovraimposta            L. 5.738,47
Nel secolo XIII aveva signoria e possessi nella Comunità di Trassilico la nobile e potente famiglia de' Porcaresi; alla quale la Repubblica di Lucca smantellò i castelli di Porcari, di Gragnano e di S. Gennaro. L'Imperatore Ottone IV poi nel 1209 la pose al bando; e, sotto pena di mille marche d'argento, proibì agli abitanti della Versilia e della Garfagnana di prestare ad essa vassallaggio di sorta. Nel 1274 la perseguitata famiglia vendè al Comune di Trassilico tutti i diritti e le possessioni che aveva in quel luogo. Il contratto venne rogato a Lucca, nella chiesa di S. Piercigoli, il 18 di settembre. Guido qm. Belletti, sindaco e procuratore di Trassilico, sborsò il prezzo, che fu convenuto in 2100 lire lucchesi, che ricevettero, per conto ed a nome dell'intera casata, Paganello di Ugolino, Armanno e Aldobrandino di Orlandino, procuratori di essa.

CASTELLO DI TRASSILICO

Rocca di Trassilico

Questo castello, alto sul livello del mare metri 661, risiede sul vertice di un monte, alle spalle australi dell'Alpe Apuana, detta la Petrosciana, alla sinistra della strada mulattiera, che, partendo da Castelnuovo, e traversando Vergemoli e Fornovolasco, lungo la Turrite, varca la foce di quell'Alpe, e scende a Stazzema ed a Serravezza nella Versilia. E' composto di 133 case unite e 31 sparse, con 131 famiglie formanti 626 anime. Nel secolo XVII aveva 1225 abitanti. Trovasi distante da Gallicano, suo capoluogo di Mandamento, chilometri 4.500, e 16 da Castelnuovo.
E' rammentato in due carte lucchesi de' secoli VIII e X. Fino dal 1308 era unito alla Vicaria di Barga colle terre di Valico di Sopra, Valico di Sotto e le Fabbriche. Appartenne ai Lucchesi fino al 1430; nel qual'anno si dette spontaneamente agli Estensi, ai quali restò confermato dalla sentenza del Pontefice Niccolò V del 28 agosto 1451. Borso d'Este lo fece capoluogo d'una Podesteria, alla quale, oltre Trassilico, appartenevano Cascio, Molazzana, Brucciano, Calomini, Vergemoli, Fornovolasco, Gragliana e le Fabbriche. La detta Podesteria godeva moltissimi privilegi, che vennero conservati da' successori di Borso, specialmente quello di poter provvedere cereali dall'estero, senza obbligo di chiederne licenza al Governatore, o ad altro officiale della Provincia. Il Podestà risiedeva nella Ròcca, posta sopra un dirupo che la rendeva inaccessibile da più parti, e con lui vi avevano stanza un Notaio e sei sbirri. Nel 1789 trasferì la sua residenza nell'interno del paese; e la rócca, al tempo della dominazione de' Francesi, fu venduta.
La chiesa parrocchiale, sotto il titolo di S. Pietro, è assai discosta dal paese. Era filiale della Pieve di Gallicano, quando Trassilico faceva parte della Diocesi di Lucca; nel qual tempo il Parroco aveva il titolo di Priore e la presidenza della Classe, che abbracciava le terre di Gragliana, Fornovolasco e S. Pellegrinetto. Perdette però il paese questi onori nel 1822, allorché fu unito alla nuova Diocesi di Massa, e solo dette il nome al Vicariato Foraneo, il cui titolare ora risiede a Vergemoli. Nella chiesa in discorso trovasi una pregevole tavola, dipinta nel 1568 da Simone Careta, cittadino modenese, che rappresenta la Vergine col Bambino, assisa in trono elevato sopra alcuni gradini, in uno de' quali sta seduto un angioletto in azione di suonare il liuto; ai fianchi vi hanno le figure di S. Pietro e di S. Paolo in piedi. Sul frontone è una tavoletta semicircolare con entro l'Eterno Padre in gloria di angioli; e all'imbasamento veggonsi le figurine graziosissime di Cristo cogli Apostoli, e ai lati di esso imbasamento la Vergine orante e l'Angiolo annunziatore. « Tutti i quali dipinti (a giudizio del compianto commendatore Carlo Malmusi) si ravvisano ben appartenere ad una medesima mano, e v'ha in essi castigato disegno, verità di colorito e felice arieggiare delle teste. Da alcuni tratti potrebbe sospettarsi che il Careta o Carretti si attenesse all'istessa scuola del nostro Meloncino. Tutto il lignamo, ossia l'incassamento, è a vaghi intagli, che ottimamente rendono lo stile di quel secolo, e ne è autore un Maestro Giovanni da Stazzema (1)». Oltre la chiesa di S. Pietro, Trassilico nel suo intemo possiede un oratorio dedicato a S. Rocco, ove si fanno quasi tutte le funzioni ordinarie, tranne quelle delle maggiori solennità.
In questa montuosa Terra ebbero i natali parecchi uomini di bella fama. De' tre più insigni, il naturalista Antonio Vallisnieri, il fisico Leopoldo Nobili ed il gentile poeta Giovanni Pierelli, volle il Municipio onorar la memoria con un'iscrizione, che venne posta nel 1875 sulla facciata dell'anzidetto oratorio di S. Rocco.
Fulvio Testi, quando fu Governatore della Garfagnana, ebbe a recarsi a Trassilico, e ne lasciò una descrizione nella seguente lettera, indirizzata a Giovambattista Leni: « Io mi trattengo tuttavia qui a Trassilico, aggiustando gl'interessi avviluppatissimi di questa povera Comunità. Spero però di sbrigarmene fra otto o dieci giorni ed essere di ritorno a Castelnuovo a mezza Quaresima, poco prima o poco dopo. Abbiamo avuti tempi del grandissimo diavolo, essendo questo luogo assai alto, e poco poco sotto all'eminentissimo giogo della Pania. I venti particolarmente sono stati orribili, sì che facevano tremare la Rócca, le cui muraglie sono grosse 6 braccia, e queste non sono favole. Adesso nevica tuttavia, ed in una foggia che non se n'usa in codeste parti di Lombardia. Nel resto, quando è buon tempo, l'aria è soavissima, il paese bellissimo, e la gente di buonissime viscere. Montanarette che non mangiano mai, se non pane di castagne, nè bevono in tutto l'anno che acqua, ma bianche e rosse più che qualsiasi cittadina ben bella di coteste parti. Ballano in eccellenza, quando però è tempo, perché adesso è Quaresima, stanno in devozione. In somma, anche di questa stagione così aspra ed orrida, noi stiamo allegri. Le provvigioni ci vengono da Lucca, che non è più discosta di 14 miglia. Mangiamo dei pesci di mare. Abbiamo de' lucci grandi come asini, e beviamo del vino rosso così piccante che taglia la lingua. Nel resta tutta la vita si di giorno come di notte consiste in far conti, e in raddrizzar le gambe agli storpiati ». Curiose, ma però non interamente esatte, ci sembrano le notizie che di Trassilico lasciò scritte il Vallisnieri. Ecco le sue parole: « Gli abitanti sono feroci, ma d'ingegno acutissimo, e bevono sempre acqua, e si cibano di sole castagne, latticini, e di carne, perché la inclemenza del cielo non lascia vegetare colassù le viti, e non permette la coltivazione del grano e delle altre biade. Nonostante la sua povertà, vive codesto popolo sempre allegro, e passa gran parte dell'anno in mezzo ai canti, ai suoni e alle danze, rendendo per tal modo ameno quel soggiorno aspro e selvaggio. Si direbbe che gli antichi pastori di Arcadia avessero posto quivi lor sede, o immigrata vi fosse una delle più allegre colonie. Le donne ordinariamente sono bellissime, di un color bianco e rosso, che le distingue da tutte le altre garfagnine. Eppure la loro bevanda è l'acqua, e il loro cibo è ordinarissimo ».
Non deve recar meraviglia l'epiteto di feroci attribuito dal Vallisnieri a quei terrazzani. Gli abitanti della nostra Provincia erano, anche ai suoi tempi, assai rozzi e selvaggi, lontani, per manco d'istruzione e di educazione, da quella mitezza di sentimenti e ragionevolezza di opere, che formano il vanto della civiltà. Oggi certamente, coi costumi tanto ingentiliti, non possiamo leggere senza qualche disdegno le satire dell'Ariosto, che si trista pittura faceva dei Garfagnini del secolo XVI. Pure frammisto alle iperboli suggerite al Poeta dalla carica poco gradita di Commissario, in una Provincia alpestre, come la nostra, e separata da ogni civile consorzio, troviamo un fondo di verità negli amari suoi versi. Correvano allora tempi tristissimi per la Garfagnana; e però si deve perdonar molto al Vallisnieri, che non fu troppo lontano da messer Lodovico. D'altra parte abbiamo da' documenti governativi, che, anche nella Vicaria di Trassilico, avvenivano frequenti e gravi disordini. Quanto poi alle notizie che si riferiscono alla coltivazione, è facile persuadersi che a quell'epoca non fosse ancora al punto in cui oggi si trova; e forse se ne doveva la colpa alla incuria di quei coloni.

 

DELLA ROBBIA

Il nome dei Della Robbia a Gallicano è legato alla splendida pala in terracotta invetriata conservata nella chiesa di San Jacopo. L'opera alta 3,38 metri e larga 2,05 raffigura la Madonna in trono che tiene Gesù Bambino sul braccio destro e i Santi Giuseppe e Caterina a sinistra, Giuliano e Benedetto a destra. Nella lunetta del frontone si riconosce la figura del Padreterno benedicente tra due angeli; nei gradini sono raffigurati la Pietà, la Madonna, S. Giovanni Evangelista e due angeli, all'estremità due stemmi gentilizi rovinati, quelli di Domenico Bertini probabile committente.

San Jacopo: Della Rocca

Ma a Gallicano esiste un'altra piccola opera meno conosciuta che per l'impostazione, la tecnica di invetriatura e la somiglianza con altri lavori, è attribuibile alla Scuola Robbiana: la "Madonnina del Della Robbia", così viene chiamata a Gallicano, un piccolo tondo in terracotta invetriata raffigurante una Madonna con bambino. Immagini di questo tipo si ritrovano un pò ovunque in Toscana; questo sembra potersi ricondurre alla predicazione del domenicano S. Pietro Martire (1205-1252) che aveva incitato i fiorentini ad affidarsi alla protezione della Vergine Maria e per questo ad esporre l'immagine della Madonna nelle città, anche all'aperto, sulle case o agli angoli delle strade; le immagini in terracotta invetriata, più resistenti alle intemperie, sostituirono quelle dipinte sui muri. Prima della collocazione attuale, sotto il loggiato del Palazzo Comunale, il piccolo tondo era posto sopra la fontana di Via Cavour e secondo Stefano Paoli Puccetti era già lì quando la stessa fontana, più anticamente, aveva una tettoia sostenuta da colonne di legno a torciglione e una grande pila in macigno su cui erano scolpite delle figure. L'unica immagine di questa fontana la ritroviamo in un disegno, di proprietà privata, raffigurante Gallicano, nel quale si intravede appena sullo sfondo di Via Cavour.

Disegno Gallicano

La fontana di Via Cavour era anticamente la fonte pubblica di Gallicano; trasformata più volte nel corso dei secoli, posta fuori le mura del castello è già raffigurata in un disegno del 1583, conservato presso l'ASL. Nel 1800 Via Cavour era denominata ancora Via della Fontana; la vecchia fonte fu demolita verso la fine del 1800, secondo il Paoli Puccetti nel 1870, ma questa notizia non è stata confermata da documenti di archivio. Nei primi anni del 1900 fu offerto da parte di una Galleria d'Arte italiana la somma di Lire 800.000 per la Pala Robbiana conservata nella Chiesa di San Jacopo e Lire 20.000 per il tondo raffigurante la Madonna con il bambino, fortunatamente le due opere non furono vendute.